Ventimiglia: il mistero del bambino maltrattato dal nonno diventa un giallo. La procura: «Le lesioni più severe? Non sono dovute ai colpi».

In queste ore Ventimiglia viene sferzata da una delle mareggiate più violente degli ultimi anni, ma c’è un’altra tempesta che dal 19 dicembre si è abbattuta sulla città di confine. Paese più che città, con poco più di 20 mila abitanti, dove tutti si chiedono quale sia la verità dietro la storia del bambino di 6 anni che per giorni ha lottato tra la vita e la morte in terapia intensiva.

Il piccolo, fortunatamente fuori pericolo ma con prognosi ancora riservata, secondo la procura di Imperia sarebbe stato picchiato dal nonno acquisito o dalla nonna; ma una nota diramata dal procuratore capo Alberto Lari ha finito per alimentare nuove congetture.

Le lesioni più gravi e che hanno portato al pericolo di vita non sarebbero, secondo il comunicato della procura, la conseguenza di “condotte volontarie o maltrattamento”, ma queste parole hanno aperto una serie di interrogativi: come si sono procurate le ferite? Ci sono altri adulti coinvolti oltre ai nonni?

Ritorna in ballo l’ipotesi di un’auto pirata, inizialmente presentata dai due indagati come causa dei traumi del piccolo. Maria Spinosi, avvocato di G. C., il 75enne compagno della nonna del bambino che il 28 dicembre si era costituito assumendosi la responsabilità delle percosse, ha affermato che “ci sarebbero potute essere delle sorprese visto che le indagini sono tuttora in corso”, parole arrivate all’indomani di un’aggressione da parte di ignoti nei confronti del suo assistito.

Secondo l’avvocato Maria Gioffré, difensore dei genitori del bambino, la nota della procura “non cambia niente”: gli indagati restano comunque la nonna e il suo compagno. Quest’ultimo aveva parzialmente ritrattato l’assunzione di responsabilità solo davanti alle telecamere di una televisione, ma il cambio di versione non è mai stato registrato dagli inquirenti.

Da fonti vicine agli inquirenti si può comprendere meglio a cosa si riferisca la procura quando parla di “condotte non volontarie” alla base delle ferite più gravi: il bambino potrebbe aver provato a scappare dall’auto dove i nonni lo avevano caricato per portarlo dal padre; cadendo dalla macchina in corsa e finendo in parte sotto una ruota posteriore avrebbe riportato le lesioni più pesanti. Ma quello che è accaduto prima del viaggio in auto resta da appurare: secondo i pm non si esclude “in radice che condotte lesive volontarie possano essersi realizzate in epoca antecedente”.

Si avvicina il momento in cui gli inquirenti ascolteranno la testimonianza del bambino, ricoverato all’ospedale Gaslini di Genova; le sue condizioni sono in lento miglioramento e anche se ha iniziato ad alzarsi in piedi avrà bisogno ancora di tempo per tornare a camminare normalmente. La testimonianza della vittima sarà decisiva per risolvere il mistero: le parole della sua voce saranno l’unico modo per scoprire cosa sia successivamente accaduto.


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