Trump: Ottima chiamata con Zelensky


Alla fine, è davvero successo. Dopo la visita in Finlandia, Zelenski ha ricevuto la fatidica telefonata. Trump, il numero uno della Casa Bianca, non ha perso tempo nel condividere sui social quanto fosse stata fruttuosa quella chiamata. Un’ora di colloquio per bilanciare le esigenze di Ucraina e Russia alla luce di un accordo di cui Trump aveva discusso con Putin.
Lamentando ancora una volta la fragilità della pace promessa, Zelenski esprime le sue perplessità: «Putin non vuole finire la guerra, non è pronto neanche per il primo passo». Questa incredulità trova terreno fertile nei recenti eventi: i vigili del fuoco, infatti, sono stati chiamati a spegnere le fiamme all’ospedale di Sumi, a nord-est del Paese, colpito da ben sei missili balistici e oltre 40 droni d’attacco.
Nel frattempo, il Cremlino puntava il dito contro una presunta incursione ucraina nella regione di Belgorod. E mentre i riflettori si puntavano su questo scenario, uno scambio di prigionieri tra Mosca e Kiev era già avvenuto: ben 350 vite riprendevano fiato, confermando un passo avanti, seppur piccolo.
Nonostante tutto, nulla sembra cambiare presso Zapor; la centrale nucleare più grande d’Europa rimane sotto il controllo russo, e gli abitanti, stretti nella morsa della tensione, non nutrono ottimismo verso il cessate il fuoco. «Non ci fidiamo della Russia», dicono, mentre le sirene antiaeree continuano a suonare.
Queste voci non si fermano qui. Due donne, con i mariti ancora al fronte, esprimono chiaramente: «I russi non ci ridaranno mai la nostra centrale.» Un sentimento condiviso da molti abitanti, convinti che la situazione sia tutt’altro che risolta.
Ma guardiamo al futuro: nonostante la distruzione, c’è un cantiere all’opera. Una scuola sta prendendo forma, dotata di un bunker a nove metri sotto terra, simbolo di una resilienza che non arretra. «Costruire una scuola con un bunker è una necessità, non una scelta», afferma la dirigente scolastica, indicando le fondamenta del futuro, già in costruzione.