Garlasco, legale di Sempio: «Collaboriamo»


Nel caos e nelle sfumature di un’aula di tribunale, gli avvocati hanno sempre un modo particolare di comunicare. In questo scenario, un avvocato prende la parola, aprendo con una dichiarazione che sembra quasi un SOS verbale. “Tutto bene, grazie. Per favore, lasciamo spazio al rispetto e alla gentilezza.” Un invito semplice ma profondo, che rimbomba nella sala.
La ripetizione del “per favore” è quasi ipnotica, un mantra che cela forse la tensione che aleggia nell’aria. Ci si potrebbe chiedere: perché tanta insistenza? Forse un tentativo di riportare l’equilibrio in un ambiente spesso carico di conflitti. È un po’ come cercare di calmare un mare in tempesta con parole di incantesimo.
La conversazione si evolve, segnata da un tono di normalità. “Grazie, sì, c’è una grande…” ma l’interruzione lascia sospesi, misteriosi, i pensieri ingombranti dietro quelle poche parole. Andrea, il destinatario, viene interpellato con un “Come stai?” che ha il sapore familiare di un abbraccio amichevole in mezzo alla tensione.
Quando si afferma che “Va tutto bene,” sembra quasi che si voglia esorcizzare il silenzio rumoroso della stanza. Ma subito arriva un avvertimento sussurrato, sotto forma di enigma, “non abbiamo nulla da temere.” Sempre un procedura penale alla mano per chi sa come saper leggere tra le righe, come una caccia al tesoro nella giungla legislativa.
In conclusione, l’invito di Andrea a “far buon lavoro” nel contesto delle complessità e del rigore del diritto appare come un caloroso augurio. È un po’ come lanciare un sassolino nel lago per vedere i cerchi allargarsi, mentre si spera che il messaggio si espanda e tocchi gli animi lì presenti.