Dopo trent’anni di detenzione nel carcere di massima sicurezza, non sembra esserci alcuna speranza per Michelangelo La Barbera, il noto boss di Passo di Rigano. Nonostante i suoi tentativi di uscire dal regime penitenziario 41 bis mediante ricorsi al ministero della Giustizia, la sua richiesta è stata respinta dall’ultima decisione della prima sezione della Cassazione. Secondo i giudici, La Barbera riesce ancora a mantenere il controllo del territorio grazie ai suoi uomini di fiducia e ai familiari, mantenendo così un ruolo di rilievo all’interno della mafia.
La Cassazione ha ribadito che i motivi del reclamo sono stati già presi in considerazione in passato e che il semplice trascorrere del tempo non fa venir meno le ragioni per cui La Barbera deve rimanere nel regime differenziato. Il suo ruolo di primo piano all’interno di Cosa Nostra, la pericolosità sociale estremamente elevata e la gravità dei suoi crimini commessi giustificano la proroga del regime speciale.
La difesa del boss, tuttavia, ha sottolineato che La Barbera è stato detenuto ininterrottamente dal 1994 e che non ci sono prove concrete della sua capacità di mantenere legami con l’organizzazione criminale. Secondo la difesa, le affermazioni dell’ordinanza sono solamente espressioni di stile e non sono basate su elementi concreti. Inoltre, secondo i principi dell’ordinamento italiano e sovranazionale, un detenuto dovrebbe poter ottenere una revisione della sua situazione per favorire il percorso di rieducazione, anche in presenza di una condanna all’ergastolo.
Tuttavia, la Suprema Corte ha ritenuto infondate queste tesi e ha respinto il ricorso di La Barbera, condannandolo a pagare le spese processuali. I giudici hanno evidenziato che le indagini più recenti confermano l’attività operativa della sua famiglia criminale.
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