Testimonianza sul delitto a Treviso


Un tranquillo pomeriggio in un condominio come tanti, un’incursione dei carabinieri scuote la routine quotidiana. Sorpresi e incuriositi, i residenti si scambiano timidamente sguardi interrogativi chiedendosi chi fosse il protagonista dell’inatteso fermento.
Tra loro, un uomo che racconta il suo incontro, sicuramente non programmato, con il signore in questione. Non lo conosceva, dice, se non per una breve interazione nel giardino condominiale mentre portava a spasso il cane. Il ricordo del vicino era associato a un comportamento non del tutto calmo, un dettaglio che, col senno di poi, sembra cercare di fare senso del tutto.
“Non sapevo nulla dei suoi trascorsi con la polizia“, confessa. “Di solito, mi limito a casa e lavoro. Al massimo, un caffè ogni tanto con altri condomini, sempre tranquilli”.
Domande su cosa sia realmente accaduto e su chi fosse quella persona restano nell’aria, come il profumo di un caffè dimenticato sul tavolino. Chi l’avrebbe detto? Che la loro tranquilla abitudine quotidiana, fatta di piccoli gesti ripetuti e familiari volti, si sarebbe interrotta così all’improvviso.
Questo evento, sebbene inaspettato, ha mostrato una comunità silenziosa nei suoi consueti ritmi, ma pronta a scrutare oltre la superficialità per trovare risposte. Qualcosa come un’incursione di polizia può scuotere una comunità e portare a una riflessione su quanto realmente conosciamo i nostri vicini.
Accanto al misterioso viavai, residuano pensieri su quanto possiamo percepire ma non sapere effettivamente. Un colpo di scena, di quelli che spesso vediamo nei film e speriamo di non vivere mai nella nostra pacata normalità.